Credendino (Marina): «Noi in azione nel mar Rosso. I russi al largo della Libia spiano la nostra Marina»

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Il Corriere della Sera

Il capo di stato maggiore della Marina:

«Abbiamo abbattuto 8 droni Houthi. Servono più risorse»

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ROMA – «La scelta del 10 giugno vuole la continuità ideale tra i barchini Mas della Prima guerra mondiale e i droni di ultima generazione nel conflitto russo-ucraino», dice l’ammiraglio Enrico Credendino per spiegare la giornata della Marina militare, che quest’anno coincide anche con la conclusione del tour mondiale della nave scuola Amerigo Vespucci a Genova. «Oggi non possiamo prescindere dalle innovazioni belliche che osserviamo nelle battaglie dell’Ucraina. E vogliamo sottolinearlo ricordando che il 10 giugno 1918 le motosiluranti italiane furono le armi all’avanguardia in grado di affondare la corazzata Santo Stefano, l’ammiraglia austriaca», racconta, insistendo sulla volontà di armonizzare tradizione e rinnovamento. Nato 62 anni fa, Credendino entrò diciottenne all’Accademia navale di Livorno e dal novembre 2021 è capo di stato maggiore della Marina.

Tanti alleati affermano che la guerra con la Russia è sempre più possibile. Come si preparano le nostre navi?
«Il mondo è cambiato con l’attacco voluto da Putin contro l’Ucraina tre anni fa. Tra il 2022 e 2023 ci siamo trovati nel Mediterraneo a dover monitorare 15 navi da guerra e tre sommergibili russi, di cui uno balistico. Per lo più facevano base a Tartus, in Siria. E non potevamo ignorare la loro cinquantina di navi nel Mar Nero. Non un pericolo diretto per l’Italia, ma comunque una minaccia seria, che ci ha costretti a mettere in mare le nostre Frem, le unità antisommergibile. Il gruppo navale Usa che stava in Mediterraneo le esigeva al seguito».

I russi oggi mantengono la stessa forza?
«No, sono scesi a cinque o sei navi. E il Mar Nero resta chiuso: i turchi bloccano il passaggio alle loro unità da guerra. Mosca inoltre dopo la caduta del regime di Bashar Assad sta trattando con le nuove autorità siriane per l’utilizzo del porto di Tartus e intanto cerca di sfruttare il porto libico di Derna».

Dunque conferma la flotta russa in Libia?
«Per noi sarebbe un dramma. Ma stanno ancora provando. Sappiamo che Mosca vorrebbe una base a Derna, anche perché Tartus, pur essendo ampio, non dispone di bacini di carenaggio e dunque le manutenzioni importanti vanno fatte nei porti del Baltico».

Cosa cambia?
«Per quasi trent’anni dopo la fine della Guerra fredda ci eravamo abituati a pensare nei termini delle missioni di pace nel mondo. L’idea di base era comunque che l’Europa fosse al sicuro: ora non più, abbiamo la guerra in casa».

Ma avete notato una nuova ostilità da parte russa?
«Apertamente ostili no. Però adesso con tante navi da guerra in un bacino così ristretto e trafficato come il Mediterraneo l’incidente è sempre possibile. Quasi sempre le nostre navi al largo della Libia sono seguite da una nave spia russa, spesso camuffata da peschereccio, ma in realtà carica di sensori e antenne. Diverso è nel Baltico, dove i russi sono presenti in forze. Non dimentichiamo che il Mediterraneo è dominato dalle flotte Nato, con i turchi più potenti di tutti».

Cosa abbiamo imparato?
«Negli ultimi tre anni abbiamo intensificato la cooperazione con le navi americane. Siamo passati da un concetto di piena alleanza a uno di intercambiabilità: capita che nostre unità operino al comando Usa e viceversa che loro navi si adattino ad obbedire ai nostri ufficiali. Per esempio, pochi mesi fa il nostro cacciatorpediniere Duilio, che navigava nel Mar Rosso nel contesto dell’Operazione Aspides per garantire la sicurezza del traffico commerciale contro i droni degli Houthi, si è trovato a dirigere i caccia F16 decollati dalla portaerei Usa».

È cambiato qualche cosa con Trump?
«Nessun mutamento. Aggiungo che nel Mar Rosso siamo in guerra. Le nostre navi in tutto hanno abbattuto 8 droni Houthi: 3 con le artiglierie di bordo e 5 con i missili».

I droni ucraini hanno sconfitto la flotta russa del Mar Nero, non crede che nel futuro ci saranno meno navi da battaglia?
«Le navi russe affondate erano antiquate, impreparate alle sfide tecnologiche poste dai droni. Comunque, nella Nato siamo rimasti tutti sorpresi dalle capacità dei nuovi droni. Ci siamo trovati a utilizzare missili da milioni di euro per abbattere oggetti che costano meno di 50.000 euro: insostenibile. Nelle flotte Nato stiamo studiando il tema. Noi usiamo bene i cannoni con modalità antiaerea con i sistemi d’intercettazione resettati. I nostri obici della Oto Melara integrati con i radar di controllo Leonardo sono efficienti».

I nostri droni marini?
«Abbiamo creato un polo a La Spezia per organizzare la guerra sottomarina. Fa da guida il Portogallo, che da due decenni investe nel campo: droni-barchini, aerei e sommergibili. Anche noi stiamo coinvolgendo le industrie nazionali. Lavoriamo su droni d’attacco e per la difesa da quelli nemici. Si sviluppano droni filoguidati con fibre ottiche contro il jamming e droni che volano a sciami per creare coni di cielo protetti. Si studia un sistema di cavi digitali dove transitano le informazioni sensibili anche per intercettare chi naviga nelle vicinanze. I recenti attacchi contro il North Stream nel Baltico e i danni ai cavi sottomarini ci hanno messo in allarme».

Gli investimenti?
«La Marina ha un progetto di budget da qui al 2040, si pensa a una portaerei ad energia nucleare, ma anche a droni di ogni tipo e dispositivi per affrontare la minaccia della cyberwar. Comunque, tutta la nostra sessantina di navi sarà dotata di ampi spazi per imbarcare droni. La Trieste, che è la nostra unità più nuova, imbarca già caccia da guerra e droni di molte dimensioni».

Il governo ha concesso la luce verde per far lievitare il budget della Difesa dall’1,4 al 2 per cento del Pil in ottemperanza gli obblighi della Nato. In questo contesto, la Marina vorrebbe passare dagli attuali 28.700 effettivi a 39.000, crede sarà possibile?
«Il mio sogno è avere più personale. Ma sono temi che competono al ministro della Difesa. Io mi limito a ricordare che marine simili alla nostra, quali sono quelle di Francia e Gran Bretagna, contano circa 40.000 effettivi. Ci sono stati momenti che avevamo in mare contemporaneamente 42 navi in tutte le parti del mondo, dal Pacifico all’Artico. Più marinai significa maggiori possibilità di ricambio e presenze…

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